Recensione di Elisabetta Bolondi
Autore: Heinechen Veit
Titolo: I morti del Carso
Editore: Edizioni e/o
Finalmente un romanzo che pur essendo insieme poliziesco, sentimentale, noir, è sostanzialmente un romanzo storico perchè attraverso la trama roamnzesca è capace di ricostruire l'atmosfera e le vicende che hanno fatto da sfondo agli avvenimenti che hanno coinvolto la città di Trieste durante e dopo la seconda guerra mondiale: ecco dunque che il tabù storiografico delle foibe, attraverso le avventurose vendette dei protagonisti della storia, perde quella indicibilità che per decenni ha omesso di raccontare e diventa un argomento difficile ma che può essere al centro di una storia di famiglie rivali e di personaggi verosimili pur nella loro unicità. Il protagonista della vicenda è il poliziotto Proteo Laurenti, salernitano emigrato da decenni a trieste, dove vive con la famiglia: lo incontriamo mentre sua moglie Laura lo ha appena abbndonato per trascorrere un periodo di riflessione sul loro rapporto in crisi.Laurenti si ritrova solo con il figlio diciottenne ad affrontare una serie di misteriosi delitti che insanguinano la città, e lo seguiamo in tortuose salite sulla collina di Opicina, nella vicina Croazia, in mare aperto, sempre alla ricerca del bandolo di una intricata matassa in cui etnie, parti politiche, antichi mai sopiti rancori, vendette pubbliche e private si susseguono nella narrazione avvincente e dal ritmo incalzante. Memorabili alcuni personaggi femminili, ma certamente notevole la caratterizzazione del protagonista, un po' Montalbano, un po' Maigret, ma con una sua autonomia proprio per la ambientazione in luoghi poco noti alla letteratura contemporanea

Indice